La città di Mangiabevi e la Notte Bianca

Nei suoi racconti al Kublai Khan sulle variopinte culture e civiltà che popolavano il Grande Impero, Marco Polo non mancò di menzionare la città di Mangiabevi ed il triste fatto che vi accadde durante la sua breve visita in quel bel luogo bagnato dal mare.
Nella città di Mangiabevi non c'erano ideologie politiche. Forse non era necessario neppure pensare per essere felici e per accontentare il prossimo; ogni disputa era felicemente risolta e compiuta nel verbo fare
Ogni realtà efficiente e felice nasconde tuttavia la sua maschera mostruosa per fingerla un gioco bizzarro fuori dall'armadio nei giorni di carnevale; pertanto la città di Mangiabevi aveva una grossa cultura carnevalesca, dentro, fuori ed attraverso i capannoni dei carri allegorici – ma solo nei giorni di festa prestabiliti. 
L'efficienza ed il lavoro ed il verbo fare sono le cose più belle che una persona possa scoprire e vivere. Ti rendono pieno di te, ti arricchiscono anche l'anima, oltre che il portafoglio, e ti fanno capire che non sei capitato in questo mondo per caso, senza un nobile scopo da perseguire. Alcuni vedono del divino nell'essenza del lavoro, e neppure si sbagliano di tanto. Ma l'efficienza ed il lavoro ed il verbo fare, da soli, alla lunga, logorano anche le anime più virtuose. Per questo la felice città di Mangiabevi voleva essere sempre più felice, e per essere sempre più felice doveva contrapporre all'efficienza, al lavoro ed al verbo fare un numero sempre maggiore di giorni carnevaleschi al calendario, il quale, sempre lì appeso alla parete, si faceva via via sempre più rosso di festività, di domeniche e di stupore. 
La politica di Mangiabevi, come abbiamo già detto, si risolve nel fare e non necessita di un pensiero autonomo; per tanti anni non ha fatto altro che rendere felici le persone, che poi è il più nobile fine e compimento dell'amministrazione di una città. I politici avevano organizzato tante feste, avevano fatto accordi con i locali, con le discoteche, con l'economia e con il denaro per festeggiare il carnevale anche d'estate, per non dormire la notte e vivere al massimo il più spesso possibile: si festeggiavano le origini romane del comune di Mangiabevi, le notti bianche, gli anni sessanta, le cene di Trimalcione e quelle alla rovescio, il capodanno d'estate e le lunghe notti mangiabevesi, e tutta l'estate e tutti i cittadini e tutti i turisti, Marco Polo incluso, potevano essere felici in quei giorni di villeggiatura spensierata.
Accadde tuttavia durante l'ennesima notte bianca un fattaccio che non sto qui a descrivere nei suoi intimi dettagli. Sono cose che accadono spesso nel mondo ma i giornali ne parlano solo ogni tanto, a fronte di statistiche che dicono grandi numeri che hanno una cardinalità di molto maggiore rispetto a quella delle notizie sulla carta stampata e virtuale. Sta di fatto che questo brutto incidente che ha coinvolto una giovane minorenne e tre aggressori, minorenni anche loro, ed una notte piena di alcol per le strade ed il lido della città di Mangiabevi, in poche ore è finito sulle prime pagine stampate ed in testa alle pagine web delle maggiori fonti d'informazione del paese, accendendo immediatamente i pensieri, rimasti sopiti molto a lungo, degli uomini politici dell'efficienza, del lavoro e del verbo fare: è subito scoppiata una gran baraonda sull'eticità di tutti questi carnevali estivi; i preti se la sono presa con la bassa educazione e sulla scarsa moralità dei giovani nell'era dei social network e dei vestiti succinti, le opposizioni politiche se la sono presa con la gestione del sindaco e la polizia con sé stessa, i bagnini con i guardiani della spiaggia, le damigiane se la sono presa con la fermentazione dell'alcol ed i baristi coi minorenni che non hanno consumato neppure un bicchiere nei loro bar perché hanno comprato tutte le bevande al Conad. Una gran baraonda di voci per un imprevisto semplice quanto grave.
Marco Polo, il grande conoscitore del mondo, è andato allora dal sindaco e dal vescovo, ed ha dato loro uno schiaffo. Perché non è colpa dei giovani, né degli assessori, né dei commercianti, né della polizia: partecipare ad un certo tipo di eventi aderendo ai modelli del comune di Mangiabevi, innaffiando il tutto con beveraggi alcolici non è un male compiuto in sé; semplicemente incrementa il rischio che ci sia qualche balordo guastafeste che dimentica le poche regole per essere felici tutti insieme senza che la libertà di qualcuno neghi la libertà degli altri, e basta un solo maleducato per condannare tutti e fare facili generalizzazioni da politicanti.
La colpa, ha detto Marco Polo al sindaco ed al vescovo, è del verbo fare senza il verbo pensare. Perché si può essere felici accostando all'efficienza, al lavoro ed al verbo fare anche il verbo pensare. Pensare che si può essere felici anche incentivando eventi culturali veri, concerti, spettacoli, grandi personaggi sulla scena, magari da alternare ad eventi più goderecci, ma senza trasformare ogni settimana un comune in una discoteca alcolica a cielo aperto perché l'efficienza, il lavoro ed il verbo fare ogni tanto reclamano una sbornia collettiva, tanto per fare
È cosa risaputa che la strategia politica del panem et circenses non abbia mai conosciuto un'epoca di decadenza: ma grande è stato il disgusto di Marco Polo quando, al riecheggiare della notizia riguardo il fattaccio della notte bianca di Mangiabevi, tutti i falsi moralisti cittadini senza peccato si sono risentiti ed hanno scagliato la prima pietra, ed anche la seconda roccia e la terza selce (ma nessun violino), contro tutte le feste e festicciole alcoliche rinnegate che d'un tratto, bella scoperta, sono diventate pericolose, che quasi è meglio non farle più affatto. 
Gli ingenui cittadini di Mangiabevi ed i loro amministratori potevano pensarci anche prima – peccato che, oltre al fare, non pensassero affatto.

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