Meaninglessness V

20 nov 2010 23:30 1 Comments

I don't give a fuck – if you hate me! Insensato quanto inesatto continuare a sostenere i toni di una discussione già terminata nell'incipit. Non v'è alcuna scelta che rassomigli ad una esclusività, laddove s'intenda come esclusione del protagonista o della nemesi nell'intreccio. Non vi sarebbe, del resto, alcun intreccio senza personaggi da contemplare, da schernire dall'altezzosità delle platee e dai babbei dei loggioni. I personaggi, questi canovacci omologati in cerca di un palco, reclamano imperiosi una qualche identità laddove questa è già data. Avvinti dall'intuitività di un manicheismo abbietto, non sarà l'impresa del pubblico ad indicare l'analisi corretta di una qualsivoglia situazione scenica. You know that I don't fuckin' care if I exist as the stranger – or barking and screaming like a lost soul in danger.
L'epilogo redime il redentore, o forse si avvede, povero idiota, che la vera assenza è proprietà esclusiva del narratore nel narrato. Neppure poi tanto, a dirla tutta, quando il narratore non vive in simbiosi con la nemesi, né in tutti i casi contrari, in cui la nemesi è qualcosa di lontanamente assimilabile a ciò che le righe non dicono, ma suggeriscono. Resterebbero sole le colonne, cadute ed implose, sciabordanti nel declino che resta a chi sceglie di cadere. Non riguarda affatto me.
Abbiamo lungamente cercato un'assenza, lontano dal palcoscenico. Non l'abbiamo trovata, non la troveremo in quanto essenza. Noialtri, del resto, ce ne fottiamo da parecchi punti di vista – c'è un orgoglio, chiuso in quel cassetto, che non mi dispiacerebbe estrarre di nuovo. Esso è il senso ultimo della sconfitta – l'amor fati che si fa amore per la sconfitta, e la redime in vittoria.
Ecco il paradosso della narrazione; il giubilo della contraddittorietà! Ecco la sensazione che il narratore può obliare nel testo, annichilendosi a parte non detta. Si istituisce una nemesi, poiché è dalla contrapposizione di opposti che il sé diventa altro e torna come un sé definito, e così il motore della storia procede lungo il suo dannato percorso... ho l'impressione tiepida che spesso non farebbe male a deragliare, su quei binari poco sicuri.
Purtuttavia non gradisco le possibilità offerte dall'indecisione; non ve n'è alcuna, oltre i vuoti sofismi del discorrere mondano. Non sono l'autore che si sceglie una strada – le scelgo sempre un po' tutte, e senza obliarmi. Ho rinvenuto una linea guida, lungo il percorso, che suole farsi chiamare, per l'eccellenza della sua natura solida, integrità.
Forse la nemesi s'avvede di questo mio scacco, e ne gode, infinitamente. O forse è doppiamente sconfitta da un atteggiamento freddo e lontano, come la bora invernale. O forse ancora, e questo lo si da più per certo, l'integrità ridotta a macerie può determinare l'irreversibile rinuncia del narratore. Un po' come Iddio, quando quel celebre mattino si rabbuiò nel volto, e s'irrigidì, e si pentì con se stesso per tutto l'orrore creato e volle gettare via ogni cosa, ricominciare, ma non lo fece. Preferì eclissarsi nella miseria che portiamo in dote – la sua fottuta eredità.
Cosa scelgo dunque per queste mie carni e questo mio inchiostro? Cosa ribatto agli schiamazzi che negano questo silenzio? Un forte desiderio di sparire, lentamente, come una stella troppo saggia per irradiare il cosmo circostante – che lentamente se ne va, a capo chino, poiché nessuno può ammirare quella luce. Nessuno ha idea di che cosa sia navigarne i mari infuocati. Nessuno.
Ironico? Ironico. Proprio ora – non lo sentite? – proprio ora è tutto un clamore di suoni. Rintocchi. O forse squilla così la vita? O forse non v'è alcun legame che spezzi le mie convinzioni? O forse non vi sono convinzioni che spezzano i legami tra la mia mente e la debolezza sempre crescente, imperiosa e soverchiante, del mondo che mi abbatte? O forse è il mondo a cedere all'impeto dell'energia che disperdo, solo per fermare gli eventi, a costo di fermare me stesso? 

Poesie 1.0

1 nov 2010 22:21 1 Comments

1

La cercano tutti
a modo loro
eppure – neppure
troppo.
Non ne trovi che
sottilissime
impalpabili
come spiriti notturni
dovunque e in nessun luogo
queste nostre piccole
gocce di gioia.
Avidi, insaziabili, noialtri.
Non smetteremmo mai di trangugiare
ciò che nasce per essere
delicatamente
sorseggiato.

La felicità non è
– esclusivamente;
assenza di dolore.
È soltanto una goccia in meno
di una lacrima.



2

C'era un silenzio, lungo le vie
del paese a valle
neanche troppo rumoroso,
per non negarsi affatto. Riposava.
Non avrebbe mai smesso.
Se solo avesse saputo...
Assente, anch'io
rintanato alla finestra
di chi è fuggito
per qualche ora
dal freddo della solitudine
di un ricordo senza voce.
Avevo solo provato a seguirlo
invano
fino al risveglio.

3

Caducità. Nient'altro
d'autunno, sugli alberi
dal cielo e sulla terra.
Di foglie, pioggia e fango
dipingono il sentiero
coi loro colori tristi.
Appiccicosi
come un destino ineluttabile
che vorresti lavarti via.

4

Al regno dei cieli ascese
_invero_
un solo uomo.
<egli mentiva>.
Si; come un marxista
che non racconta niente
con parole vuote
del _suo_ socialismo del domani.
Non verrà alcun regno
degli umili, degli uguali
e dei virtuosi.
Thy kingdom come.
Come _non_ l'ha descritto
il Profeta – a suo modo,
una vuota metafora.
Discendete nell'abisso
degli uomini.
<costoro mentiranno>.
Nel vero vi arrampicherete.
Con le vostre braccia
è nella verità della vita
nell'umiltà del sudore
che si ascende, indefinitamente
verso l'alba di domani.
È un mondo vero anche questo
_che vi siete costruiti.
@
Your kingdom come.
(così muore l'arcaismo
<mentiva>).

5

Ogni collina un campanile
nelle nostre campagne
che arrivi in paese
e mediti, errabondo,
tra tutta quella gente
che veste e parla di modernità.
Solleva lo sguardo.
Le campane, in cima
quasi a sfidare il cielo
chiamano il tuo nome
il tuo stupore
la tua meraviglia.
E la salita, la fatica
il fiato che si spezza
il vociare che si fa lontano
l'ascesa nei ricordi del tempo
dal lontano tempo dei ricordi.
Dominato
dall'alto
il torreggiante paese
ne vorresti dominare ognuno
e questo e quello e l'altro, laggiù
oltre quella valle
per ogni collina, per ogni campana.
Osserverai le lucine
gialle, rosse, sulle mura scrostate
fortificate, antiche, cadenti, rustiche
delle case, e gli doneranno vita
quelle lucciole fluttuanti sulle pareti,
quelle creature danzanti nel buio.
C'è un mondo nuovo in ogni contrada
nella semplicità del paese, che la città
ha obliato negli anni.
Ne vedi il segno dall'alto, oltre la staccionata
dalle mura l'autostrada, i camion
lontani e veloci – e tu, immobile
dalla stasi del tempo, la città vecchia.
Poi ancora sotto la gente al bar
che discorre sul campionato
e non ha orizzonti verticali;
accecati dalle luci degli uomini
che si fanno miti dalla tua prospettiva.
L'unica via che resta,
per rivivere il passato, è salire
a piccoli passi,
per ogni campanile,
per ogni collina
nell'umiltà di un sogno antico.

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Dietrologie

18:10 , 0 Comments

C'è una cosa che deve divertire un bel po' gli intellettuali, o presunti tali: tutte le volte che il loro cervello riesce ad abbracciare un fenomeno oscuro, arcano o semplicemente complesso con un disegno semplice e sbrigativo – ecco, l'orgasmo intellettuale!
Quante volte ci saremo chiesti il perché di quell'evento epocale, o perché lui ha deciso in quel modo o in quell'altro, o perché l'evoluzione di quella razza/specie/azienda di telefonini è andata a quel modo e non così come pensavamo? La dietrologia è una risposta eccezionale ad ogni parvenza di irrazionalità o di inspiegabilità. Ogni qual volta qualcosa ci sembra strano, dobbiamo necessariamente trovare una spiegazione razionale – in questo siamo tutti filosofi – ma quando non la troviamo, ecco comparire lo spauracchio del complotto, della decisione presa da una singola persona dal volto coperto e dalle grandi mani, della cospirazione del potente, del tradimento del compagno, dell'illusorietà del reale dinanzi alla tragicità del mondo vero, di un'ontologia a ben dirsi criminale!
La dietrologia funziona sempre, perché è come la magia. Se non si trovano cause naturali per la spiegazione di un fenomeno, ecco saltar fuori dal cilindro decine di cause occulte, roba che la gente normale non può affatto capire, ma che l'intellettuale (eccolo, lo vedete? Lui si sente superiore!) riesce a cogliere con agilità. “C'è troppo olio nella pasta!” - Cazzo, l'azienda agricola produttrice di olio ha corrotto il cuoco di questo ristorante! Ma potrebbero anche essere le multinazionali del ca...tering!
“La pizzetta è troppo salata!” - Elementare! Il pizzaiolo eccede con il sale per costringerti a pagare anche la bibita, che poi costa il triplo, rispetto al supermercato!
“Il sindaco ha sostituito l'incrocio col semaforo con una rotatoria!” - Dev'essere un'idea di Berlusconi per rallentare il traffico in direzione Perugia, dimodoché la giunta di centrosinistra del comune limitrofo subisca un calo del 5% sugli ingressi al secondo (calcolato in i/s) rivedendo gli investimenti ed i traguardi nel bilancio turistico dell'anno solare.
“Il concerto dei Metallica è stato rinviato!” - Ah, di sicuro son stati gli alieni, oppure è un complotto del Papa contro i metallari!
Mi sembra di sparare idiozie, eppure, d'altra parte, non mi sembra affatto di farlo. Se ne sentono spesso, di simili, talvolta più divertenti perché terribilmente vere. Il problema di chi va a caccia di bufale (penso a gruppi di eroi tipo il CICAP) è che può sempre capitare che le bufale non siano bufale, benché in molti casi, ovverosia quasi tutti, lo siano davvero. Mi viene da pensare a Calciopoli; si poteva anche ragionevolmente supporre, cosa che probabilmente facevo anch'io, nella mia onestà, che l'odio verso la Juventus fosse tanto viscerale da spingermi a gridare al complotto in ogni caso – salvo poi scoprire che il complotto c'era, anche se nettamente meno profondo di ciò che dipingono i media (le grandi squadre hanno più potere decisionale nel Campionato italiano, ed influenzano maggiormente gli arbitri... questo è palese per tutti, tranne che per i tifosi). Ma la bomba è sempre dietro-logicamente l'angolo, come se Maurizio Mosca fosse ancora tra noi.
Alla gente, tutto sommato, le bombe piacciono – e le dietrologie pure. Ci sono tanti tipi di dietrologie, laddove talvolta il complotto è manifesto ai creduloni (si, sono gli ebrei che avvelenano l'acqua!), ce ne sono invece altri, quelli degli intellettuali seri e geniali, che hanno un intreccio più intricato dei casi strizzacervelli per bambini del Detective Conan (non c'è stato nessuno sbarco sulla luna, serviva agli americani come pubblicità; l'11 settembre è stata un'idea di Bush; il Papa ha simulato l'attentato, altrimenti non si sarebbe salvato... altroché totus tuus!).
In tutte queste storie, gran parti delle quali inventate, insorge un desiderio atavico di sociologia (anagramma di “ciò lo so già!”), vale a dire un voler spiegare fenomeni complessi ed eminentemente sociali, ovvero che coinvolgono l'opinione di tutti e le colpe di molti, e ricondurle ad un'unica causa demonologica, in maniera un po' sbrigativa ma talvolta brillante. Il buon narratore di dietrologie ha pure i suoi personaggi, che non sono Batman o Pikachu o l'Ispettore Gadget, bensì il capitalismo, il Presidente (degli USA, quello italiano, quello della chiesa... ehr... il Papa), i comunisti, gli ebrei, i massoni, gli alieni etc. Alcuni di questi personaggi sono indubbiamente reali ed hanno davvero le “mani in pasta” in diverse questioni (gli alieni, ad esempio), mentre altri sono troppo assurdi per esistere davvero (Berlusconi in primis), ma tutti condividono un ruolo fondamentale, se non l'unico, nell'intero disegno del giga-complotto.
Spesso la risposta alle grandi dietrologie è un'onestissima presa di posizione nei confronti di grandi questioni intellettuali tipiche della sociologia: l'accettare che esistono fenomeni mostruosamente complessi, molto più degli alieni o degli spiriti. La ragione per la quale ora mi trovo a lavoro, su di un piccolo PC a scrivere appunti non è riconducibile ad un'unica causa sociale (anche se di sicuro l'idea originale è di Berlusconi!), ma ad un mix caotico di scelte individuali, scelte collettive, ma anche, se mi permettete, del caso. La ragione per la quale oggi piove non è di certo del governo ladro, o forse no? Dicono che sia una cospirazione dei venditori d'ombrelli!
La ricerca della verità è cosa da filosofi, non da imbroglioni, né da saltimbanchi dei fenomeni sociali. Spesso la verità è inafferrabile nella sua totalità, ne possiamo attingere solo parti, poiché si manifesta in maniera troppo variegata e caleidoscopica per le nostre limitate capacità di analisi – cazzo, questo almeno accettiamolo!
Benché non possa verificare empiricamente se l'uomo è davvero stato sulla luna, o se Yuri Gagarin si è fatto un bel giretto intorno al globo o era tutta una messinscena, o se l'11 settembre me lo sono sognato o se Bin Laden è o meno una costruzione mediatica, posso comunque farmi un'opinione, riconoscendo di trovarmi dinanzi a fenomeni sui quali posso al massimo fare ricerche per sviluppare un mio pensiero, ma che di certo non riuscirò ad abbracciare completamente nonostante le mie numerose speculazioni. La dietrologia, in questi casi, è la via più breve per mettere in archivio la complessità, per sbattere in un cassetto buio un fascicolo un po' scomodo e con troppe pagine che spesso non hai neppure voglia di leggere.
Vagli a spiegare agli altri che sei solo un intellettuale sfigato – e che la colpa, se gli idioti del common sense non l'hanno ancora capito, è indubbiamente degli alieni!

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Lei è (fantasiosamente tratto da personaggi reali)

1 mag 2010 15:00 , , 0 Comments

Lei è 
(fantasiosamente tratto da personaggi reali)

I

Prima di incontrare la fata Alseide, potresti sognare un impervio sentiero boschivo. Riflesse sullo specchio d'acqua silvano ed oscuro del tuo pensiero, non ti avvedrai delle dieci, cento, mille porte che attraverserai lungo la via: ogni porta conduce ad un mondo, ed ogni mondo possiede una sua realtà. Non ti sveglierai dal sonno né sognerai due volte allo stesso modo, poiché Alseide non è né di quel mondo né di quell'altro né di questo. Alseide è la natura stessa di ogni viaggio: una porta, un sentiero, un mondo, una realtà. Non cercarla: potresti trovarla e non incontrarla mai.
La conobbi. Fu una notte, nel mio ricordo; ero solo, assiso su un divano di nuvole – opera sua – e si sedette al fianco della mia più aurea gratitudine, e mi parlò, esile e celeste. Da allora avrei vissuto con gli occhi di un bambino, osservando realtà e misteri dal sapore antico, e spettacoli e tragedie e canti e ballate e colori che sbocciano come dolce luce sul mondo di un'alba che danza, sempre nuova ed ignota e lucente. Sorge sui mari il suo nome vero, e non c'è che ordine nel caos di ciò che ingenuamente crea, semplicemente. Tace, dinanzi all'irrazionale grazia di Alseide, il tetro ex nihilo nihil fit, pallido e smorto contempla di lei gli occhi e non si capacita dell'umile cosmo che in lei divampa.
In sua assenza, lungi dalla sua pacata follia, nulla m'era chiaro fuorché il fatto che stessi attraversando porte, corridoi e mondi sempre nuovi, disegnati coi suoi colori sognanti; ivi ebbi l'onore di conoscere personaggi unici e singolari e bizzarri ed irripetibili.
Non cercare ancora Alseide, piccolo lettore. Non sapresti riconoscerla. Dovrai prima viaggiare per molti dei suoi mondi ed assaporarne il gusto antico, udire le sue note che incantano e cantano nell'aria di violino, dovrai riconoscere la sua voce nell'assenza del silenzio che invoca il ricordo delle sue magiche parole, dovrai svelare il suo incantesimo in ognuna delle sue realtà, e viverle col cuore di chi è ammaliato e sa d'aver vissuto in lei ogni sua avventura. 
Taluni pensano che Alseide sia una strega pazza, altri leggono la pazzia nelle parole di chi la descrive – ma io, che la conosco bene, vedo nelle pizzicanti parole degli uni e degli altri solo le opinioni di taluni, tra gli infiniti abitanti dei suoi infiniti mondi.


II

Quando incontrerai la candida Nisea, ella non ti parlerà. La sua timida presenza forse non incontrerà mai i tuoi occhi. 
Ricorda: solo il folle più audace possiede la chiave per attraversare il dolce mistero del suo sguardo cristallino; egli errerà nei suoi occhi. Contemplerai, riflesso nell'immagine di lei su di te – l'oceano infinito, ed i canti di sirene e le danze valenti e baldanzose degli abitanti nei flutti più remoti e profondi dei mari. Navigherai le magie del cielo e della terra baciate dalla luna e dai fari di mille porti, e scoprirai le meraviglie vergini del creato, e le stelle lontane figlie del caos e del mistero. 
Vedrai in lei oltre ogni cosa, poiché nessuna profondità è celata al silenzio.
Ti parlerà. Si, ella parlerà solo allora, nel breve tempo che seguirà il tuo immaginifico disegno. Verrà la sua cacofonia, il mostro dell'ignoranza strangolerà il silenzio e gli echi della sua inettitudine saranno uditi oltre le profondità di un abisso che non c'è, ma sembrava esserci. Le risponderai, ma lei, incapace, non capirà delle tue parole più semplici alcuna, quasi analfabeta per il tuo e per il suo mondo. Ti sentirai offeso e deluso.
Non ti avvedi ora da solo dell'errore nel giudizio, quando errasti nei suoi occhi timidi e silenziosi?
Capirai allora la verità su Nisea: la rappresentazione della piccola persona che hai dinanzi è soltanto un'immagine, un'idea, un sogno nell'oceanica coscienza del tuo ritrarre. Il sostrato occulto e vero nell'opera di chi sogna con gli occhi è fantasticheria ben prima della prova finale, la forma è falsa creatrice nell'arte delle idee. Ora sai che ciò che ivi giace, la fredda verità oltre l'immagine impressa sul velo illusorio del suo silenzio, potrebbe essere soltanto miseria. Perché la vera essenza di Nisea, questo bizzarro e candido parossismo femminile, oltre l'inganno dei suoi occhi, è solo e soltanto – miseria.


III

Passerai il tuo primo giorno con Sabrina in pochi minuti, e tutto sarà furiosamente rinviato al giorno successivo. Non per colpa vostra, ma del reo tempo inesteso che intravide Bergson. Ma dovrai immantinente apostatizzare, poiché sarà anche colpa dello spazio, e della velocità, per dar invece retta ad Einstein, se il tuo incontro sarà tanto fulmineo. Sperando, nondimeno, nel lightning strikes twice.
Capirai dapprincipio che Sabrina non esiste alle tue percezioni, e che la sua immagine si manifesta in svariate forme, tutte vere e false al contempo, fino al collasso che forzerà l'una o l'altra a prevalere, all'atto, non platonico, della reificazione all'osservatore. Senza aprirti neppure la porta di casa, poiché omne animal triste post coitum, e perché al primo appuntamento certe cose non si fanno, avrai accesso al suo album fotografico – ecce domina. Non sarai tanto sgarbato da porle domande taglienti sul perché, a tuo onesto giudizio, i fotografi sembrano tutti alti 35cm quando la foto non è autoscattata col mirror-trick di un bagno privato, perché i colori sembrano tanto cangianti e barbaramente fotomanipolati da mani inesperte, e  non saprai neppure spiegarti perché alcune immagini resistono agli anni, mai ingiallite, intuendo nelle assenze le ecatombe del trash di un cestino.
Incuriosito dal nuovo love-meet che inneggia a Liberty City, ringalluzzito poi da due o tre di quelle immagini che oscurano, nella discesa-nel-mondo sensibile (o avatar, per sfoggiare un po' di sanscrito), ignorerai le altre due o trecento dubbie manifestazioni ottiche di Sabrina.
Per farne una fenomenologia esatta, saremmo dentro facebook. Preconizzato da Merlino ed ingiuriato dall'antiscientifico Anacleto, C'è AnChE fAcCiAlIbRo. Allora attingerai – di Sabrina, e senza Sabrina – i suoi gusti cinematografici, letterari, artistici, televisivi – annichilimento od obliterazione per flood dei tre precedenti – e pure informatici, sempre che per tali s'intenda l'autoreferenzialità della forma-quiz, della forma-condivisione, della forma-quelli-ke... e della forma-ego in generale, tutte affisse in vetrina, che chiameremo bacheca par excellence ed home per indifference. Si consideri questo time bonus come un simpatico omaggio di Alan Turing e dell'ergonomia industriale, finalmente oggettivata nella conoscenza di Sabrina senza che questa non ti sia dinanzi né per davvero né per liquid crystal display; la bella e il robot ti hanno consegnato le chiavi per un mondo che appartiene al multiforme pubblico dello spettacolo verso l'alta definizione. 
Non disperare. Non servirà fare otto passi per il byte dal bit: le progressioni geometriche non piacciono alle donne, prima dell'atto, tempo di esponenti e di esponenziali. Ti basti sapere che nulla è privato, in Sabrina. Ogni suo bacio, ogni sua carezza, passa tra un twitter, un myspace ed una finestra trillante della casa di Redmond.
Sabrina è il mondo contemporaneo di una donna ed una donna nel mondo contemporaneo. Nella poetica del virtuale, sceglierai uno solo tra due assiomi contraddittori: entrambi conducono a due mondi possibili, ognuno interdipendente con Sabrina. Il primo assioma, quello del nichilismo sentimentale, un po' profano per i ragazzetti di oggi, un po' più sacro per nonni e presunti tali, annuncia che in quel mondo “tutto è falso”, e chi professa questa convinzione sceglie se convivere con ribrezzo e non condividere l'oggettivazione degli incubi, oppure non conviverci affatto, nel suicidio stoico per la liberazione dal sistema delle tecnologie nel dominio. Il secondo assioma è “tutto è verosimile”, e non t'inganni l'autore sulla sua scelta improba ai saggi e scomoda agli insipienti, sii illuminista e fai luce sugli inganni e sgraffigna la verità – Sabrina non teme la tua ragione. Semplicemente, la ignora. 
Quando avrai scelto il tuo destino senza rimorsi per le fatality, terminerà la tua avventura verso Sabrina. Ma se sceglierai la via del falso, cercherai invano la sua bellezza, poiché Sabrina non esiste.
Se sceglierai la via del verosimile, avrai a breve fra le braccia il suo corpo nudo, sfiorerai i suoi seni con le tue mani arse dalla fatica della lunga ricerca, la possiederai oltre ogni lucido desiderio – ma quell'oggettiva manifestazione della tua coscienza, la reificazione di quella creatura dal sapore erotico così ospitale e gaudente non sarà Sabrina, poiché Sabrina non esiste.


Settembre 2009


IV

Ben due volte la ragione s'illude quando si erge a giudizio del caso, nell'inesauribile desiderio di descrivere causalmente fenomeni all'apparenza l'un l'altro distinti. Dapprima s'illude nel separarli, nel fare d'ognuno un sistema a sé, per poi sperdersi di nuovo in un'improbabile unificazione – la ragione s'è illusa due volte.  Alessa lo sa.
Ti sembrerà, d'un tratto, che l'ironia del sogno d'una notte tormentata abbia destato il destino nella creazione del giorno successivo, e tutto t'apparirà come la limpida stesura in caratteri d'oro d'un piano trascendente. Nulla sarà più casuale ai tuoi occhi, ed ogni dettaglio sarà indizio, ogni parola un'anticipazione, ogni sogno una profezia; il mondo della coscienza non sarà distinguibile dalla coscienza del mondo, poiché ogni cosa è sincronicità: tutto parla di te, vive di te, sogna di te, narra di te.
Come potrebbe la ragione accettare un simile solipsismo? Come potrebbe la realtà farsi teatro della tua vita? Non verrebbero forse annichilite le leggi dell'uomo, della natura e d'Iddio, un tempo scalfite sull'immutabile roccia delle alleanze mondane? L'ascesa della ragione e la discesa del sipario non si incontrano che per confliggere.
Narrano che Alessa, la regina del pensiero, nacque dalla passione dell'eternità in quest'aspra contesa. Ella pianse due volte quella miseria, sospesa tra l'illusoria trascendenza del divino e l'illusoria potenza del razionale, né piena dell'una né dell'altra saggezza. Sembra che Alessa riuscì a mediare tra le due illusioni per fondare in un labile equilibrio ciò che nessuno avrebbe mai immaginato – ella si fece, per così dire, filosofa.
Un giorno fu il più saggio tra gli uomini a meditare fino alle soglie più profonde della sua anima, fino a giungere nel remoto regno di Alessa. Egli si presentò con toni aulici ma sprezzanti, poiché lo spirito di costui s'aspettava d'esser giunto al fondamento primo del suo essere, alla più rocciosa delle fondamenta, ed indicibile fu la sua delusione nel trovarsi disteso sulla fragile sabbia di un'infinita spiaggia, dove il vento soffiava leggero dettando i tempi dello scroscio sussurrante di un tranquillo oceano sterminato, dove la passione estatica del sole dominava quel paradiso leggero, tranquillo e luminoso.
Dicono che egli si presentò ad Alessa affermando che nessun uomo era più grande di lui in intelletto e conoscenza, e che pertanto quella sua meditazione reclamava imperiosa i segreti celati in quel luogo profondo. Non sappiamo se egli incontrò davvero Alessa, ma ben sappiamo che da quel giorno nessuno ebbe più notizia di quell'uomo. Alcuni affermano che sia annegato tra i flutti della sua stessa meditazione, altri sono convinti che viva nascosto, ma preferisco pensare che si sia avveduto anch'egli della propria ignoranza, e che abbia semplicemente abbandonato la via sulla quale gli stolti lo stanno ancora cercando.
L'uomo ignorava come Alessa avesse ben compreso l'incompletezza dell'anima; egli, convinto di poter dominare il proprio pensiero, finì per perdersi nei suoi labirinti e nelle sue illusioni. Non c'era alcun fondamento alla base del pensiero che il pensiero stesso potesse comprendere, non c'era alcuna verità, in quel mondo, né alcuna risposta che potesse dirsi completa. La risposta, se c'era, era nell'incompletezza del conflitto, nell'inanità della battaglia – dalla volontà di quel caos si generò il cosmo di Alessa. Solo la fragile saggezza di una donna poté realizzare il compito più virtuoso: placare le tumultuose correnti del pensiero senza esigere un fondamento della conoscenza per giustificare quella pace.
Alessa, semplicemente, scelse quell'oceano di pace. 

Maggio 2010


William Turner  Transetto dell'Abbazia di Tintern (1795)


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