Il signor Rossi (l'italiano medio) e la neutralità di Internet.


Spero che tutti i (due o tre) lettori di Brontologia Applicata abbiano saputo del bizzarro caso mediatico che ha recentemente coinvolto il signor Vasco Rossi e Nonciclopedia: il cantante che querela l'enciclopedia satirica per diffamazione e la seconda che risponde chiudendo i battenti per un paio di giorni – per poi riaprire, dopo il ritiro della querela e dopo oltre 30.000 commenti diffamatori (molti dei quali davvero cattivi, controllare per credere!) sulla pagina Facebook di Vasco. 
Contemporaneamente, fino a qualche giorno fa, qualsiasi pagina di Wikipedia recava al top un fastidioso banner con i punti salienti del 'comunicato del 4 ottobre' (link), sempre al suono di “ce l'hai con l'enciclopedia? Allora io oscuro le mie pagine per protesta!”:
Il 4, 5 e 6 ottobre 2011 gli utenti di Wikipedia in lingua italiana hanno ritenuto necessario oscurare le voci dell'enciclopedia per sottolineare che un disegno di legge in fase di approvazione alla Camera potrebbe minare alla base la neutralità di Wikipedia.
(qui il testo approvato dalla Camera dei deputati l'11 giugno 2009, poi modificato dal Senato il 10 giugno 2010; qui gli emendamenti del 6 ottobre 2011).
Sono stati proposti degli emendamenti, ma la discussione di tali modifiche (inizialmente prevista per il 12 ottobre e poi rimandata) deve ancora essere effettuata. Non sappiamo, quindi, se sia ormai scongiurata l'approvazione della norma nella sua formulazione originaria, approvazione che vanificherebbe gran parte del lavoro fatto su Wikipedia. 
Grazie a chi ha supportato la nostra iniziativa, tesa esclusivamente alla salvaguardia di un sapere libero e neutrale.
Ma che diavolo succede? Sembra che l'italiano medio-basso, ovvero il signor Vasco Rossi e tutta la pessima classe politica italiana, non abbia ancora fatto i conti con il mondo delle informazioni online, dopo aver scoperto Internet con qualche anno di ritardo rispetto al nipote quindicenne.
Pur senza potermi addentrare in contenuti tecnico-giuridici che ignoro, la mia impressione è che si confondano troppo spesso i contenuti di Internet con quelli di una testata giornalistica, o con quelli di una trasmissione televisiva. Viviamo, in quanto società, su due livelli: quello dei nostri nonni, non-nativi di Internet, tutti imbarazzati, pudici ed impegnati a costruire sistemi di informazione neutrali che parlino di cose neutrali, apolitiche, anti-ideologiche, pure e candide come la neve e finiscono col produrre il limpidissimo Tg1; e dall'altra parte una generazione (la mia) disillusa ma dalla mentalità molto più aperta, per la quale non c'è neutralità migliore della realtà tutta, citando a sproposito il noioissimo Hegel: 'il vero è l'intero', ossia lo Spirito del Mondo, non le singole manifestazioni di esso che di volta in volta si presentano come filosofie a sé stanti, quanto piuttosto tutto l'insieme di tutti i pensieri che nella storia si sono succeduti – senza censure né partizionamenti. 
Detto brutalmente, Internet può essere inteso come la TV o come un giornale, quindi soggetto alle norme del buon senso, della censura, della fascia protetta quando i bambini sono andati a dormire, neutralità come ideologia dell'anti-ideologia; oppure può essere inteso, molto più banalmente, come specchio della società, come immagine virtuale del mondo sociale. 
La prima visione di Internet prevede quindi dei criteri giuridici e morali per la Rete: ci sono cose che si possono fare ed altre che non si possono fare. Regole da scrivere. Cose da cancellare, come la pagina di Vasco della Nonciclopedia o come qualsiasi cosa offenda qualcuno, secondo il decreto in approvazione che cita Wikipedia. La seconda invece vede Internet proprio come un luogo libero da vincoli del secolo scorso, alla quale i signori che sostengono la prima fanno di tutto per applicare ad Internet un(a legge) bavaglio.
Io mi schiero con vigore con la seconda visione. Perché penso che non ci sia nulla di più ipocrita di gente che ha paura della realtà e di tutte le sue sfaccettature, e pur di non ammetterlo si difende mascherandosi dietro ad una falsa neutralità – quando non c'è nulla di più neutrale di ciò che è complesso; non può esistere una neutralità artificiale. Sarebbe costrutta, falsa, magari bella a vedersi e facile ad intendersi, ma maledettamente fittizia. Come la programmazione della Rai. 
Internet è un'immagine virtuale del mondo, e merita di avere la stessa, libera complessità. C'è la violenza, il nonsense, lo streaming, megaupload e megavideo, i demotivational, youporn, i file torrent e Brontologia Applicata. Per fortuna! 
Il segreto per far coesistere la libertà di Internet e la tutela dei diritti è l'educazione del cittadino, congiunta al pensiero critico. Un'educazione che deve partire dalle scuole e dalle famiglie, che oggi purtroppo si presentano impreparate ai nuovi problemi sociali ed alle nuove possibilità che l'educazione nell'era del web 2.0 sono posti in essere: scoprire i segreti, i limiti e le possibilità delle modalità di accesso a dati ed alle conoscenze, Internet in quanto biblioteca della biblioteca, dato e metadato.
Penso che la soluzione sia un po' di educazione ad Internet. Educare Internet, invece, è dittatura del secolo (breve) scorso.
Essere neutrali non significa parlare da un punto di vista privilegiato e neutro (o al massimo due, come nei talk show: destra e sinistra, prete ed ateo, politico e magistrato); essere neutrali significa tendere ad un pluralismo dell'informazione in cui ognuno può esprimere il proprio punto di vista, nella molteplicità delle sfaccettature delle idee – e l'utente adulto, critico, che acquisisce il maggior numero possibile di informazioni, prima le fa proprie, poi le elabora e propone un proprio pensiero; potrebbe anche pubblicarlo sul suo blog brontologico! Ma se l'opinione di qualche altro brontolone poi proprio lo disgusta, o forse la reputa immorale, può liberamente evitare di visitarne la pagina web; non dovrebbe tuttavia farla chiudere, come un nonnetto cantautore (?) che prima fa clippini col suo Mac e li pubblica su Facebook, e poi non capisce le battute dei ragazzini!
La verità oltre le diffamazioni e le polemiche sterili, alla fine, viene sempre a galla – dal calculemus! leibniziano applicato alle discussioni del bar fino alle indagini de 'Le Iene'; un cittadino dalla mentalità aperta e razionale non dovrebbe aver paura del pluralismo di Internet, né di quello del mondo. Per chi preferisce la verità liofilizzata, filtrata e sminuzzata; per l'italiano medio, c'è sempre il TG1 ed il computer connesso solo sulle pagine di Facebook...

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