Percepiamo solo le accelerazioni della vita


Rinserratevi con qualche amico nella maggiore stanza che sia sotto coverta di alcun gran navilio, e quivi fate d'aver mosche, farfalle e simili animaletti volanti: siavi anco un gran vaso d'acqua, e dentrovi de' pescetti; sospendasi anco in alto qualche secchiello, che a goccia a goccia vada versando dell'acqua in un altro vaso di angusta bocca che sia posto a basso; e stando ferma la nave, osservate diligentemente come quelli animaletti volanti con pari velocità vanno verso tutte le parti della stanza. [...] Osservate che avrete diligentemente tutte queste cose, benché niun dubbio ci sia mentre il vascello sta fermo non debbano succedere così: fate muovere la nave con quanta si voglia velocità; ché (pur di moto uniforme e non fluttuante in qua e in là) voi non riconoscerete una minima mutazione in tutti li nominati effetti; né da alcuno di quelli potrete comprendere se la nave cammina, o pure sta ferma.

Con queste magnifiche parole Galileo 'vara' nel mare della scienza e della filosofia naturale il principio d'inerzia, con la voce di Salviati, nella seconda giornata del suo Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo (1632).
L'esempio è brillante, oltre che estremamente chiaro: all'interno di un sistema sul quale non agiscono forze esterne, non è possibile distinguere se tale sistema, ovvero la nave (e tutto ciò che è in essa contenuto, dai pesci nel vaso alle farfalle al secchiello che goccia dopo goccia riversa l'acqua nel vaso) è fermo o se si sta muovendo in moto rettilineo uniforme. Dall'interno del sistema, che tu sia uomo, pesciolino, pallino verde che cade (vedi immagine sopra) o vaso che goccia, non puoi conoscere se il tuo sistema è fermo o in moto, e neppure di quanto sia in moto, con quale velocità. Sembra che stia fermo (vedi omino che fa il figo nell'immagine sotto).
Ci accorgiamo invece, e molto, delle accelerazioni, ovvero del cambiamento di tali velocità. Non è difficile sciorinare esempi, dal decollo di un aereo alla partenza rapida di un'auto; il passeggero all'inizio viene spinto all'indietro con una forza pari (quasi) alla sua massa per l'accelerazione del mezzo, e poi (quasi) non si accorge di essere in viaggio quando il mezzo raggiunge una velocità che mantiene (quasi) costante. I 'quasi' sono d'obbligo, perché il mondo è molto più complicato degli esempi dei filosofi, complicato almeno quanto i controesempi dei brontoloni puntigliosi – i quali, a scanso di equivoci, sono tutti professori di brontologia teorica, raramente applicata.
Mi viene spesso da pensare, nella vita, che ci accorgiamo per davvero solo delle accelerazioni, inteso più generalmente come variazioni, come cambiamenti tra un t0 ed un t1, come Δqualcosa, tipo Δv/Δt, per fare una (accelerazione) media, perché per quella istantanea dobbiamo scomodare le derivate, ma il concetto, senza arrivare al limite, è il medesimo. Se la velocità è costante, l'accelerazione è 0, pertanto non ci accorgiamo di nulla.
Per fare un bel volo pindarico, l'esempio può essere traslato e generalizzato. Quante volte avete desiderato qualcosa, e vi siete ben accorti di come è cambiata la vostra vita dopo quel 'cambio di passo', dopo che l'avete ottenuta? Bene. Ora quel qualcosa ha incrementato la vostra velocità. C'è stata un'accelerazione, una forza ha interagito col vostro sistema. Poi si è fermata – perché ogni cosa agisce, si stanca e se ne va a prendere un caffè. Pure l'energia: nulla si crea, nulla si distrugge, ma dopo un po' tutto si stanca. Se la vostra velocità era v0, adesso è aumentata. Ora è v1, v+qualcosa. v1=v+at, dove il tempo t permane finché non arriva la pausa caffè che ferma l'accelerazione impressa dalla forza.
Ora la vostra velocità non è più v0, ma è v1. Oh, sembra incredibile, ma non è assolutamente cambiato nulla rispetto a prima! Era palese che ci sarebbe stata una fregatura... Appena avete ottenuto quello che desideravate, appena è successo quell'evento (anche negativo, perché le accelerazioni sono anche negative!), dopo aver ottenuto quel lavoro, quella moto, quel telefono, quel vestito, quel super computer, la playstation nuova, quel trasponditore del continuum o quella racchetta da badminton o dopo qualsiasi altra cosa non si può che cadere in quello stato inerziale tanto descritto da quella gentaccia – che però han capito tutto, o quasi (vedi sopra per precisazioni sul 'quasi') – di Leopardi o Shopenhauer: la noia. Spesso sinonimo di inerzia, appunto.
Per questo percepiamo solo le accelerazioni. Per questo viviamo solo quando c'è cambiamento, mutamento. Per questo amiamo la stabilità solo quando, appunto, è intesa come accelerazione più o meno costante, come qualcosa di regolare, senza sbalzi troppo forti, ma non inerziale; come una stabilità in crescendo, un avvicinarsi via via (= accelerare) verso i nostri sogni, i nostri ideali di vita. 
Per questo amiamo la sicurezza del contratto fisso, ma se siamo dipendenti statali legati all'inerzia della carriera siamo demotivati e depressi ugualmente (quasi più dei disoccupati... stranezze della vita), per questo un brutto evento ci abbatte, ma spesso ad una serie di brutti eventi ci si rimbocca le maniche e se ne esce, per questo soffre sempre di più chi non è abituato a soffrire, e stiamo male per stupidaggini; perché corriamo tutti, andiamo tutti di gran carriera, ad una velocità v molto alta, abituati a tante accelerazioni positive, abbiamo tutto e vorremmo avere sempre di più, e soffriamo anche una piccola decelerazione (peraltro via via sempre più probabile, all'aumentare della velocità), se dobbiamo solo rallentare per evitare una buca, se dobbiamo privarci di qualcosa.
Si percepisce solo il cambiamento. Ciò che resta costante è noia, quasi non ce ne accorgiamo, anche se è una buona costanza. Ad una fugace accelerazione ci si abitua subito, ad una rapida decelerazione si soffre. Quello sfigato di Recanati colpisce ancora; persino per molti amici idealisti, da Eraclito ad Hegel, l'Essere è continuo mutamento: hanno ben ragione, le cose che restano inerziali non fanno molto notizia e vengono presto a noia!
Ma che succede in caso di accelerazione costante? Non ne ho idea, anche perché anche un'accelerazione costante fa aumentare la velocità col tempo al quadrato, quindi va sempre più forte. Ai tempi del liceo ho sempre pensato che un'accelerazione costante fosse un po' l'archetipo della perfezione, di una feli(velo)cità sempre crescente e regolare... ma ora, che scrivo stupidaggini su questo blog tra fisica, filosofia e scienze delle farfalle, ho solo le idee più confuse. Fortunatamente, nel leggere le splendide pagine di Galileo si fa sempre un po' tutto più chiaro...

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