Le città e l'inettitudine - Pavonia

4 feb 2011 16:23 , , , 1 Comments


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Nella città di Pavonia c'è un muratore al lavoro. Ce ne sono tanti, come lui, e lui è come i suoi compagni: stanno costruendo l'edificio più alto, costato anni di lavoro e fatica equamente retribuita. C'è un geometra, con loro, ed un ingegnere. Chiedersi quale sia il geometra e quale sia l'ingegnere, a Pavonia, non ha alcun senso. L'avvocato è come tutti gli avvocati, il fabbro è come tutti i fabbri, ed ogni avvocato tra avvocati non lo si riconosce affatto come riconosceresti un fabbro tra i muratori, né riconosceresti un fabbro tra fabbri ed un muratore tra muratori. A Pavonia ci sono i giardinieri, tutti uguali tra loro colla divisa verde sperduti nel verde tra il fogliame verde; e le prostitute, tutte uguali, attraversano il marciapiede nelle ore notturne – dal fisico longilineo, dai seni rifatti, dalle labbra carnose alle vesti succinte. Autorizzate a circolare solo dalle 23:00 alle 5.00. Forse è anche grazie a loro che Pavonia sopravvive al suo stesso ordine.
Nelle fabbriche, gli operai si somigliano un po' tutti come piccole e laboriose formiche, ma questo particolare resiste un po' dappertutto, tanto che le fabbriche di Pavonia somigliano a tutte le altre del mondo, dentro e fuori le mura.
Negli asili di Pavonia le maestre bianche insegnano a tutti i bambini della città; a quelli colle giubbe rosse l'artigianato, a quelli colle giubbe blu la letteratura e la retorica, a quelli con le giubbe bianche la catena di montaggio, e così via, in base alle doti neo-steineriane che i bambini dimostrano ai test attitudinali del Binetti. L'ingegneria genetica sta semplificando i lavori delle insegnanti grazie alle fecondazioni artificiali teorizzate da Bokanovsky e concretizzate dagli scienziati al soldo dei filosofi.
L'unica legge che sorregge l'intero sistema economico, sociale e politico di Pavonia è lo slogan: “fa solo e soltanto ciò che è tuo dovere fare”.
Nel comune di Pavonia, l'amministrazione è in mano ai filosofi, i Pla-ProCi, Plato pro civitate. Sono loro a stabilire cosa è “dovere” per ogni lavoratore; ogni alacre elemento del laborioso tessuto sociale è controllato dai filosofi. Nessuno può fare altro: non vedrai mai una divisa verde riparare un muro, poiché è compito dei muratori, non dei giardinieri. Ma neppure potresti mai pensare di vedere una prostituta andare in macchina. Non ci sono, a dire il vero, neppure le macchine: ci sono gli autisti, vestiti di giallo e nero, e pensano loro a scorrazzare ogni cittadino con scuolabus, cantierbus, taxibus, bus-stop ed elitaxi, tutti pieni di gente vestita allo stesso modo. Ogni ruolo sociale è logicamente prescritto dai filosofi: in questo modo ogni cittadino ha un posto di lavoro ed un lavoro da svolgere. Non esiste la disoccupazione, non esiste criminalità: il furto è punito allo stesso modo di ogni altro crimine. Chi non rispetta la legge “fa solo e soltanto ciò che è tuo dovere fare” viene ucciso – così lavorano le tute azzurre, la polizia. Chi ozia, viene ucciso. Chi si cucina il pranzo viene ucciso, a meno che non si tratti di un cuoco: veste bianca con il cappello da chef. Chi taglia l'erba viene ucciso – a meno che non sia un giardiniere.
Un giorno di questi un mio caro amico di Pavonia si fece la barba da solo. Ma non era un barbiere. Venne ucciso. A Pavonia solo i barbieri si fanno la barba da soli – in quanto barbieri, e non sorgono paradossi d'alcun tipo.
Spinto dalla curiosità e dal desiderio di conoscere mondi nuovi, sono stato a Pavonia diverse volte, con uno speciale pass da visitatore, corredato di abito e documenti. Oggi la trovo terribilmente noiosa. Penso che ci siano molte più cose in cielo e in terra, di quante ne sognino i sognatori ed i poeti (vestiti di blu con stelline gialle ed un cappello a punta, ridicoli come Mago Merlino in una metropoli) di Pavonia. Per questo me ne sono sempre andato con l'amaro in bocca, da quella distopia che è spesso posta in essere, ma solo nella mia mente, ed in quella di tanti altri come me, che a Pavonia ci sono stati solo per andarsene con l'amaro in bocca.
Quelli che ci abitano, invece, probabilmente non sanno di abitarci, ed hanno sempre la bocca dolce – di sapore e di appetito, ma criticano in continuazione e sempre molto volentieri lo straniero, anche se ben intenzionato. Sono troppo pieni di sé per avvedersene, e pure per guardarsi intorno o per cercare risposte oltre tutto ciò che è, in quanto fittizio, oltre le proprie risposte monocromatiche. 
Nessun abitante può immaginare che oltre le mura di Pavonia, lungo le vallate e le montagne all'orizzonte, c'è solo un altro pensiero ordinato quanto impossibile. 

Luca Montini

Il blog del buon Monti: filosofo (br)ontologico, (mal)informatico, happy (true)metallaro, tuttofare museale e teatrale, videogiocatore impenitente, apprendista stregone.

1 commento:

  1. No! Mi avvedo ora che in qualche modo non è uscito il mio commento. Cercherò di ripetere, anche se è lunga.
    Penso che il problema di Pavonia sia che gli unici che possono sentirvisi bene, ma come un Berlusconi nel suo harem, sarebbero i filosofi. Infatti, i problemi radicali di una società platonica (ma anche delle altre) sono due: come si capisce cosa è meglio e come si realizza? Al primo problema, la risposta platonica è necessariamente sbagliata, non solo per la mentalità occidentale. Si spiega più in fretta sul singolo: io potrei non solo dare il massimo come controllore dei biglietti, ma anche essere felice solo e soltanto in quel caso, un saggio potrebbe pure saperlo inequivocabilmente e tutto quanto, ma se me lo imponesse ciò comporterebbe di sicuro la mia infelicità, la negazione dei miei diritti e della mia dignità. Non si può costringere nessuno a essere libero, figurarsi se può essere giusto costringerlo a fare ciò che sarebbe più giusto per lui e gli converrebbe volere.
    Una società sana può offrire a tutti le massime opportunità, favorire l'emersione delle soluzioni migliori per chiunque le desideri, proteggere da imbrogli e abusi, ma non certo stabilire in sua vece ciò che è giusto per qualcuno. Per questo una società sana ha bisogno di trovare il modo di esprimere, nel rispetto delle condizioni di esistenza di una dimensione realmente intersoggettiva, cioè di pari opportunità, o diritti, come bene comune ciò che è bene per ogni membro della comunità, ma non necessariamente quello che il singolo pensa sia meglio, se viene imbrogliato o se non è competente (supponiamo io voglia una casa sicura, non so io quali normative e controlli sono atti a regolare l'armatura dei cementi e via discorrendo), né di sicuro le soluzioni stabilite da presunti saggi, coi quali si arriva al secondo problema. In una parola una società ha bisogno di esprimere la volontà dei propri membri nella forma dell'insieme dei loro valori.
    Questi devono essere espressi in modo sufficientemente chiaro da garantire che se ne deducano, in base alla situazione controfattuale di ogni contingenza e necessità, risposte, decisioni e pratiche sufficientemente e/o adeguatamente soddisfacenti.
    Mi scuso per i ragionamenti tronchi, ma sono un po' di fretta

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